BEATA VERGINE MARIA DI LOURDES



SK 1316 - I fatti di Lourdes

Niepokalanow, 5-20 VIII 1940

Premessa (Genesi del mio libro) 1.
All'epoca delle apparizioni a Lourdes ero un impiegato nell'amministrazione delle imposte indirette.
Alle prime notizie provenienti dalla grotta di Massabielle rimasi completamente indifferente.
Le ritenevo comuni favole, indegne perfino della mia attenzione.
Nel frattempo, tra la gente l'agitazione cresceva di giorno in giorno e, per così dire, di ora in ora.
Gli abitanti di Lourdes, in particolare le donne, si raccoglievano in folla presso la grotta di Massabielle e in seguito raccontavano le loro impressioni con un entusiasmo che era addirittura pregno di delirio.
La fede ingenua e l'esaltazione di queste buone persone suscitavano in me un senso di commiserazione, mi divertivano e le deridevo.
E così, fino al giorno della settima apparizione, non intrapresi in quella direzione né la minima inchiesta né qualsiasi ricerca.
Quel giorno - oh, ricordo indimenticabile! - la Vergine Immacolata, in un modo inesplicabile, nel quale oggi riconosco la Sua ineffabile tenerezza, mi attirò a sé, mi prese per mano e, come una madre premurosa che indirizza lungo la strada giusta il figlio traviato, mi condusse alla grotta.
Lì vidi Bernardetta in uno splendore di gioie sovraterrene, immersa nell'estasi!...
Era una scena celeste, che è impossibile descrivere o raccontare... Vinto e abbagliato dalla realtà, piegai le ginocchia e mi avvicinai a quella misteriosa Signora celeste, di cui sentivo la presenza.
Fu quello il primo omaggio della mia fede.
In un istante svanirono tutti i miei pregiudizi.
Ormai non solo non dubitavo più, ma in un istante una forza segreta mi attirò invincibilmente alla grotta.
Giunto a quella roccia benedetta, mi mescolai tra la gente e insieme con essa manifestai la mia meraviglia e la mia fede.
Quando i doveri del mio impiego mi imponevano di lasciare Lourdes, e ciò accadeva di tanto in tanto, allora mia sorella - la mia diletta sorella, che viveva in casa con me e che osservava e giudicava i fatti della grotta di Massabielle da un punto di vista completamente religioso - alla sera dopo il mio ritorno a Lourdes mi riferiva accuratamente ciò che aveva visto e ascoltato nel corso della giornata.
E così raccoglievamo insieme tutte le nostre osservazioni.
Per non perdere magari qualche minimo particolare, io annotavo i fatti in ordine cronologico, così che, al termine della quindicesima apparizione dell'Immacolata, noi avevamo ormai un considerevole tesoro di appunti, per la verità staccati tra loro, ma autentici e sicuri, ai quali attribuivamo grande importanza.
Questi fatti, benché accertati personalmente da noi, non ci offrivano, tuttavia, l'insieme dei miracolosi avvenimenti di Massabielle.
Oltre alla narrazione che avevo appreso nell'ufficio del commissario di polizia (di questo si parlerà più avanti2), fatta dalla giovane veggente, io non sapevo quasi nulla delle prime sei apparizioni.
E poiché i miei appunti erano incompleti, mi preoccupai di completarli al più presto.
Incontrai qualche altra difficoltà.
Ma ben presto una circostanza inattesa calmò le mie preoccupazioni e mi servì in modo eccellente per portare a compimento la mia intenzione.
Mi spiego: dopo le estasi Bernardetta veniva spesso da mia sorella; ella era una piccola amica di casa.
Avevo, perciò, tutto il tempo per interrogarla sui fatti di Massabielle.
Noi chiedevamo a Bernardetta tutte le spiegazioni possibili nel modo più preciso e dettagliato.
E quella cara fanciulla rispondeva a tutto con quella naturale disinvoltura e semplicità che erano sue personali caratteristiche.
In questo modo, tra migliaia di altre cose, raccolsi i particolari commoventi delle prime apparizioni, che ella aveva avuto, della Regina del cielo”.

La prima apparizione (giovedì 11 febbraio 1858)
La prima apparizione, di cui ho già parlato, ebbe luogo il giovedì grasso, 11 febbraio 1858, verso mezzogiorno e trenta circa.
Ma a questo punto mi fermo, per ascoltare il racconto della veggente.
L'ho udito dieci, cento volte, forse, dalla bocca della piccola estatica.
Ritengo di poterlo riprodurre nella sua tenera e ingenua semplicità.
Cercherò, quindi, di tradurre quasi parola per parola dal dialetto dei Pirenei, la sola lingua che Bernardetta conosceva.
“Il giovedì grasso faceva freddo e il tempo era tetro.
Ora di pranzo.
La mamma ci disse che non aveva più legna in casa e che era preoccupata per questo.
Per far piacere alla mamma, mia sorella Tonietta ed io ci offrimmo di andare a raccogliere rami secchi sulla sponda del fiume.
La mamma ci rispose di no, poiché il tempo non era troppo buono e potevamo correre il rischio di cadere nel Gave.
La nostra vicina e amica insieme, Giovanna Abadie, che stava sorvegliando il fratellino e che aveva una gran voglia di andare con noi, corse a casa sua e poco dopo tornò dicendoci che aveva il permesso di accompagnarci.
Mia madre continuava a non cedere alle nostre preghiere, ma vedendo che eravamo in tre, ci permise di andare.
Da principio ci avviammo lungo la strada che conduce al cimitero, presso il quale talvolta si trovano pezzi di legna.  Quel giorno non trovammo nulla.
Scendemmo, quindi, verso la riva che accompagna il corso del Gave e, mentre ci avvicinavamo al Ponte Vecchio, ci domandammo se sarebbe stato necessario salire verso l'alto o scendere in basso in riva al fiume.
Decidemmo di dirigerci verso il basso e, prendendo la strada accanto al bosco, arrivammo a Merlasse.
Là entrammo nel prato del signor de Lafitte, passando davanti al mulino del Lavy.
All'estremità del prato, quasi di fronte alla grotta di Massabielle, ci arrestammo davanti al canale del mulino, presso il quale eravamo appena transitate. 
Nel canale l'acqua non era profonda, poiché il mulino era fermo, però era fredda.
Quanto a me, avevo paura ad entrarvi.
Giovanna Abadie e mia sorella, meno timorose di me, presero gli zoccoli in mano e attraversarono il ruscello. 
Non appena furono sull'altra riva, quelle birbone incominciarono a gridare per il freddo e si chinarono l'una sull'altra per riscaldarsi i piedi.
Tutto questo accrebbe la mia paura e compresi che, se fossi entrata nell'acqua, l'asma mi avrebbe afferrato nuovamente. 
Allora supplicai Giovanna Abadie, che era più grande e più forte di me, di venire per trasportarmi sulle sue spalle.
“"Oh, no davvero! - rispose Giovanna - mia cara rompiscatole! se non sei capace di attraversare, rimani lì dove sei".
“Quelle birbone, dopo aver raccolto alcuni pezzi di legna sotto la grotta, si allontanarono lungo la riva del Gave.
Allorché rimasi sola, gettai alcune pietre nel letto del ruscello, per attraversarlo camminando su di esse. Ma invano.
Perciò, dovetti decidermi a levarmi gli zoccoli e a passare a guado il canale, come avevano fatto Giovanna e mia sorella.
“Mentre mi stavo togliendo la prima calza, udìi improvvisamente un gran fragore, simile al fragore di un temporale.
Guardai a destra, a sinistra e poi sugli alberi vicini al fiume.
Nulla, però, si muoveva; forse, pensai, ero stata vittima di un'illusione. 
Terminai, perciò, di scalzarmi, allorché tutt'a un tratto si fece sentire un altro fragore, simile al primo.
Allora fui presa dallo spavento e mi voltai verso destra.
Volevo dire qualcosa, ma da sola non riuscivo a cavar fuori le parole.
E non sapendo che cosa pensare di quel fatto, girai lo sguardo verso la sponda del fiume che si stende accanto alla grotta.
Quando a un tratto notai, in una delle aperture della roccia, un cespuglio che, lui solo tra tutti, si agitava come se fosse sotto la pressione di un vento gagliardo.
Quasi nello stesso istante uscì dall'interno della grotta una nube colore oro; subito dopo apparve, all'ingresso di quell'apertura, al di sopra del cespuglio, una Signora giovane e bella, soprattutto bella, come non ne avevo viste mai.
“Non appena ella mi ebbe scorto, mi sorrise e mi fece segno di venire avanti, come se fosse stata mia madre. 
La paura era scomparsa e non sapevo più dove mi trovassi.
Mi stropicciai gli occhi, li socchiusi e li aprìi di nuovo; ma la Signora era sempre lì, che mi sorrideva e mi faceva capire che non mi stavo ingannando. 
Non mi rendevo conto di quel che stessi facendo. 
Presi dalla tasca la mia corona del rosario e caddi in ginocchio.
La Signora approvò con un cenno del capo e prese lei pure tra le dita la corona che teneva appesa al braccio destro.
Stavo iniziando 3 la recita del rosario e volevo portare la mano al capo, quando il mio braccio rimase quasi paralizzato.
Questo fatto durò fino a che la Signora non ebbe fatto il segno della croce.
Feci anch'io la stessa cosa.
La Signora mi lasciò pregare da sola; Ella faceva scorrere i grani della corona tra le dita, ma non diceva nulla. 
Solo al termine di ogni decina Ella recitava insieme con me: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto.
“Quando la recita del rosario fu ormai completata, la Signora tornò all'interno della roccia e la nube d'oro scomparve insieme con Lei”.
Accadeva raramente che gli interlocutori non interrompessero la veggente per interrogarla sui particolari del ritratto della misteriosa Signora.
Ed ecco ciò che ella rispondeva:
“La Signora ha l'aspetto di una ragazza di sedici o diciassette anni.
È vestita di un abito bianco, con una fascia azzurra che Le cinge i fianchi e Le scende lungo l'abito.
Sul capo porta un velo, pure bianco, che lascia appena scorgere i Suoi capelli e che scende
dalle spalle fin sotto l'abito.
I Suoi piedi sono nudi, leggermente coperti dalle pieghe dell'abito: sull'uno e sull'altro piede risplende una rosa gialla.
Sul braccio destro tiene una corona del rosario con i grani bianchi, infilati su una catenella d'oro risplendente come le rose ai piedi”. 
Così Bernardetta concludeva il suo racconto:
“Scomparsa la Signora, Giovanna Abadie e mia sorella tornarono verso la grotta e mi trovarono inginocchiata nello stesso posto nel quale mi avevano lasciata. 
Si misero a deridermi, chiamandomi sciocchina e bigotta.
Inoltre, mi fecero capire che in un modo o in un altro dovevo andare di là insieme con loro.
In quel momento non ebbi più la minima esitazione ad attraversare il torrente e sentìi che l'acqua era tiepida, come fosse quella per lavare le stoviglie. 
“"Non avevate poi un gran motivo di gridare - dico a Giovanna e a Maria asciugandomi i piedi - perché l'acqua del canale non è così fredda come vi era sembrata!"
“Legammo in tre fasci i rami e i pezzi di legna che le mie compagne avevano portato; subito dopo ci arrampicammo sul pendio di Massabielle e ci incamminammo nuovamente lungo il sentiero che fiancheggia il bosco. 
“"Sei davvero fortunata, Bernardetta, se trovi che l'acqua di questo torrente non sia fredda; a noi ha fatto un'impressione totalmente diversa". 
Mentre ci dirigevamo in fretta verso la città, io chiesi a Giovanna e a Maria se non avessero notato nulla nella grotta.
“"Nulla" - risposero - Ma perché ci fai questa domanda?".
“"Oh, allora niente!", risposi loro con indifferenza.
“Nonostante questo, però, prima di giungere a casa rivelai a mia sorella Maria le cose straordinarie che mi erano capitate a Massabielle. 
La pregai solo di mantenere il silenzio. Nel corso di tutta quella giornata l'immagine della Signora rimase profondamente impressa nella mia memoria. 
“La sera, mentre recitavamo le preghiere in famiglia, divenni triste e mi venne da piangere.
“"Che cosa ti succede?", mi chiese la mamma.
“Maria si affrettò a rispondere a nome mio e io fui costretta a dare le spiegazioni sull'avvenimento improvviso della giornata“.
"Sono comuni allucinazioni - rispose la mamma - Devi scacciar dalla testa questi pensieri al più presto possibile, e soprattutto non tornerai più alla grotta". 
“Andammo a letto, ma io non riuscìi ad addormentarmi.
La figura della Signora, così buona e così affascinante, mi tornava incessantemente alla memoria. 
“Mi ricordavo quel che la mamma mi aveva detto; non ero capace di convincermi di essere stata ingannata”. 
Bernardetta raccontava queste cose con una semplicità così grande che coloro che l'ascoltavano non potevano fare a meno di affermare: “Questa fanciulla ha detto la verità”.
Nota 1316.1 Il presente testo è la traduzione, fatta dal francese al polacco da p. Massimiliano, di brani dell'opera di J.B. ESTRADE, Les apparitions de Lourdes. Souvenirs intimes d'un tèmoin, Lourdes 1934. H
Nota 1316.2 Si veda SK 1137. H
Nota 1316.3 Qui p. Massimiliano traduce erroneamente: "Stavo terminando



SK 1317 - Le apparizioni di Lourdes
Niepokalanow, 5-20 VIII 1940

“Venendo avanti lungo il canale... Si ritrasse nella sua nicchia e scomparve” (p. 28-30)1.
“Seguendo il consiglio della signora Millet e della signorina Peyret... poi scosse leggermente la testa” (p. 39-40)2.
Le parole umane non sono in grado di parlarci di Lei in modo adeguato, poiché Ella è immacolata, tutta bella, mentre le nostre parole non sono immuni da imperfezioni; anzi non sono senza macchia neppure le realtà create dalle quali viene tratto il loro significato.
Il linguaggio umano deve solo aiutare l'anima ad avvicinarsi a Lei, perché sarà Lei stessa a manifestarsi in modo sempre più chiaro all'anima, la quale, nella preghiera, intrattenendosi frequentemente ed affettuosamente con Lei, La comprenderà in modo sempre più perfetto, rimarrà affascinata dalla Sua divina immacolatezza e si infiammerà di amore verso di Lei fino alla totale consumazione di se stessa.
Noi La chiamiamo Madre, tuttavia una madre terrena non è immune da imperfezioni, per cui le istituzioni umane trattano pure dei diritti dei figli nei confronti dei genitori; questa Madre, invece, è una Madre senza macchia, immacolata, e qualsiasi riserva da parte del figlio sarebbe per Lei, e giustamente, causa di un dispiacere e un torto indicibili, poiché racchiuderebbe l'ipotesi che non è affatto impossibile in Lei la presenza della più piccola ombra di macchia.
Anzi, il figlio che si affida a Lei desidera che Ella si serva di lui e lo consumi, desidera consumarsi per Lei.
Noi La chiamiamo Signora, ma tale concetto allontana dal cuore materno.
Noi La chiamiamo: Regina, ma anche qui è necessario aggiungere che Ella è Regina dei cuori, Regina d'amore.
La Sua legge è l'amore, la Sua forza è l'amore materno.
Questi e altri simili chiarimenti, tuttavia, anche se di numero infinito, non dicono ancora neppure in parte ciò che un'anima, consumata dall'amore di Lei, sente.
Tale anima sperimenta in se stessa che l'Immacolata le appartiene sempre di più sotto ogni aspetto e si rende conto che tale esperienza è solo l'inizio della conoscenza e dell'amore a Lei.
Direttamente al Suo Cuore attingerai maggiore scienza riguardo a Lei e ti infiammerai maggiormente di amore per Lei, più di quanto ti potrebbero insegnare tutte le parole umane messe insieme.
La sera del 24 marzo3, mentre si trovava insieme con i familiari, Bernardetta informò i genitori dell'ispirazione interiore che aveva ricevuto e parlò, come di cosa certa, della felicità che il giorno seguente l'attendeva alla grotta.
Profondamente presa da questo pensiero, andò a dormire, ma il sonno non riuscì a farle chiudere le palpebre.
La notte le parve lunga; le sue labbra sussurrarono molte "Ave Maria" del rosario.
Non appena la prima luce del giorno ebbe fatto capolino nella casa dei Soubirous, Bernardetta lasciò il letto, si vestì sollecitamente e, senza badare all'asma che aveva ripreso a tormentare il suo debole organismo, con un passo veloce e snello si incamminò in direzione della grotta di Massabielle.
Giuntavi, quale sgomento la colse!
La nicchia era già illuminata e la Signora l'attendeva!... "Ella era tranquilla - afferma Bernardetta - sorridente e aveva lo sguardo rivolto verso la folla, come una madre piena di tenerezza guarda i propri figli".
La veggente aggiunse:
“Allorché mi inginocchiai davanti alla Signora, La pregai di perdonarmi per il ritardo nel giungere a Massabielle. Sempre tanto buona verso di me, mi fece cenno con il capo che non mi dovevo scusare affatto. Le manifestai allora tutti i miei sentimenti di amore, la mia profonda venerazione e la felicità che mi era concessa di rivederla ancora.
“Mi trattenni a parlare con Lei di tutto ciò che il mio cuore sentiva, quindi presi la corona del rosario tra le mani. Mentre stavo immersa nella preghiera, mi venne alla mente l'idea di chiedere alla Signora il suo nome.
Questo pensiero mise in disparte tutti gli altri che affollavano la mia mente.
Temevo di essere importuna nel ripetere una richiesta che era sempre rimasta senza risposta; qualcosa, tuttavia, mi spingeva a parlare.
Finalmente, prodotte da una specie di agitazione che non riuscivo a dominare, uscirono delle parole dalle mie labbra e supplicai la Signora di esser così buona da dirmi chi era.
“Allora, come alle stesse domande rivoltele nelle precedenti occasioni, la Signora chinò il capo, sorrise, ma non rispose nulla.
Non sapevo il perché, ma in quel momento mi sentivo più coraggiosa e tornai a chiederle la grazia di rivelarmi il suo nome.
“La Signora sorrise di nuovo, si inchinò verso di me con tanta amabilità, tuttavia non mi rivolse alcuna parola neppure questa volta.
“Rinnovai la domanda per la terza volta, con le mani giunte e con la sincera convinzione di non essere degna della grazia che domandavo”.
Giunta a questo punto del racconto, la giovinetta continua a parlare tutta presa dalla commozione: “La Signora stava in piedi al di sopra del cespuglio di rose selvatiche; si mostrava nello stesso atteggiamento con il quale viene raffigurata nella medaglia miracolosa.
Alla mia terza domanda Ella assunse un atteggiamento grave e profondamente umile...
Dopo di che congiunse le mani e le sollevò all'altezza del petto... volse lo sguardo verso il cielo...; quindi, allargando lentamente le mani e chinandosi verso di me, mi disse con voce tremante:

IO SONO L'IMMACOLATA CONCEZIONE!”.
Pronunciando le ultime parole, Bernardetta piegava il capo imitando il gesto della Signora sovraterrena.
Il grande mistero della grotta era finalmente svelato!
E in quale giorno!...
Esattamente nell'anniversario di quel giorno, tre volte benedetto, in cui l'arcangelo Gabriele era venuto, per incarico dell'Altissimo, ad annunciare l'imminente venuta nel mondo del Redentore promesso e a salutare Maria con le parole: "Piena di grazia", vale a dire "Immacolata", la donna predestinata che, secondo la promessa fatta ai nostri progenitori nel paradiso terrestre, avrebbe schiacciato la testa del serpente infernale.
Quale coincidenza! E per noi quale gesto carico di speranza!
Nel pomeriggio del 25 marzo (non ricordo le circostanze che avevano dato origine a quella occasione), inaspettatamente Bernardetta fece visita a me e a mia sorella!
Se un angelo fosse entrato in casa non ci avrebbe procurato una gioia più profonda e più viva di quella che sperimentammo alla vista della veggente.
Bernardetta era un angelo vero, che spandeva attorno a sé il profumo di una rosa mistica. Indubbiamente il lettore indovina i pensieri che ci tennero occupati in quei momenti.
La nostra conversazione con la giovinetta si svolse esclusivamente sull'argomento dei fatti avvenuti alla grotta.
Dopo aver dato il benvenuto4 alla nostra piccola amica, ci affrettammo ad interrogarla sui dettagli più circostanziati della mirabile visione di quel mattino.
Un'atmosfera di felicità avvolse la persona di Bernardetta che senza indugio incominciò a raccontare i fatti di cui eravamo già a conoscenza.
La nostra veggente descrisse l'atteggiamento e i gesti della Vergine Immacolata con tale accuratezza e con tale commozione che avemmo l'impressione che la stessa visione celeste apparisse ai nostri occhi. Verso il termine del racconto la giovinetta fu colta da una forte emozione; trattenne per alcuni istanti la voce... poi... con le lacrime agli occhi e un tremito nella voce, piena di fascino serafico, ci ripeté la risposta dell'Immacolata, che non dimenticheremo mai più: “JE SUIS L'IMMACULÉE CONCEPTION! IO SONO L'IMMACOLATA CONCEZIONE!”.
Descrivendo questa scena non ho avuto l'intenzione di soffermarmi soltanto su un ricordo che mi è caro, ho voluto in primo luogo presentare un'altra prova della sincerità di Bernardetta.
La povera fanciulla non riusciva a pronunciare in modo giusto il termine “conception” (concezione), ma diceva: “concheption”. Inoltre, ella non conosceva il significato di quelle parole dell'Immacolata: Io sono l'Immacolata Concezione.
Allorché Bernardetta ebbe terminato il racconto, mia sorella corresse il termine “conception”, che Bernardetta aveva storpiato.
La giovinetta comprese; dopo di che si rivolse a mia sorella e chiese con semplicità e con un certo imbarazzo: “Ma, signorina, che cosa significano queste parole: Io sono l'Immacolata Concezione?”.
Dopo una simile domanda, chi poteva dubitare della veracità di Bernardetta?
Si mentisce con espressioni che si conoscono, non certo con espressioni il cui senso è nascosto.
“Le dissi allora... si sollevò verso la volta della grotta e scomparve” (p. 40)5.
“La Signora mi disse... ed ecco apparve all'improvviso” (p. 67).
“La Signora mi disse... compì secondo l'intenzione dei peccatori” (p. 71).
“Non so perché sia entrata in me... sorrise e scomparve” (p. 99-100).
“Non sapevo che cosa significassero quelle parole - scrisse in seguito al Pontefice Pio IX - prima di allora; in effetti non le avevo mai sentite” (p. 101).
“La madrina di battesimo... agli occhi spuntarono perfino le lacrime” (p. 43).
“Quando sorrideva, sembrava un angelo che stesse parlando a tu per tu con il Signore; quel suo sorriso colmava il cuore di una profonda emozione” (p. 43 - Estrade).
“Vedendo in tal modo sua figlia... subito verso la sua parte” (p. 44 - Estrade).
Il dottor Dozous, medico di Lourdes: “Quando lasciai cadere la sua mano... prega per i poveri peccatori” (p. 47-48).
“Quella Signora - disse la fanciulla alla sua amica, Giovanna Védère - mi ripete continuamente che bisogna pregare con fervore per la conversione dei peccatori” (p. 48).
“Senza badare a noi... cose incredibili!... incomprensibili!... divine!...” (p. 61-63 - Estrade).
Il conte de Bruissard: “Ero a Cauterets, nel momento... Vivo continuamente con quel sorriso della Ss. Vergine Maria” (p. 155-157).
Nota 1317.1 In nota p. Massimiliano spiega: “Cudowny ywot Bernadety jasnowidzacej z Lourdes La mirabile vita di Bernardetta, la veggente di Lourdes di Saverio Marchet, trad. di Iza Platerowna, Ed. PP. Gesuiti, Cracovia 1935".
Nota 1317.2 Idem.
Nota 1317.3 Per i due lunghi brani che seguono si veda SK 1316, nota 1 .
Nota 1317.4 Qui p. Massimiliano traduce erroneamente: "Pure, restituendo la visita".
Nota 1317.5 Le citazioni che seguono sono tratte dal volume citato alla nota 1, ad eccezione di quelle che p. Massimiliano indica come provenienti dal volume di Estrade (SK 1316, nota 1).

 

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