BEATA VERGINE MARIA DI LOURDES
SK 1316 - I fatti di Lourdes
Niepokalanow,
5-20 VIII 1940
Premessa (Genesi
del mio libro) 1.
All'epoca delle
apparizioni a Lourdes ero un impiegato nell'amministrazione delle imposte
indirette.
Alle prime
notizie provenienti dalla grotta di Massabielle rimasi completamente
indifferente.
Le ritenevo
comuni favole, indegne perfino della mia attenzione.
Nel frattempo,
tra la gente l'agitazione cresceva di giorno in giorno e, per così dire, di ora
in ora.
Gli abitanti di
Lourdes, in particolare le donne, si raccoglievano in folla presso la grotta di
Massabielle e in seguito raccontavano le loro impressioni con un entusiasmo che
era addirittura pregno di delirio.
La fede ingenua
e l'esaltazione di queste buone persone suscitavano in me un senso di
commiserazione, mi divertivano e le deridevo.
E così, fino al
giorno della settima apparizione, non intrapresi in quella direzione né la
minima inchiesta né
qualsiasi ricerca.
Quel giorno -
oh, ricordo indimenticabile! - la Vergine Immacolata, in un modo inesplicabile,
nel quale oggi
riconosco la Sua ineffabile tenerezza, mi attirò a sé, mi prese per mano e,
come una madre premurosa
che indirizza lungo la strada giusta il figlio traviato, mi condusse alla
grotta.
Lì vidi
Bernardetta in uno splendore di gioie sovraterrene, immersa nell'estasi!...
Era una scena
celeste, che è impossibile descrivere o raccontare... Vinto e abbagliato dalla
realtà, piegai le
ginocchia e mi avvicinai a quella misteriosa Signora celeste, di cui sentivo la
presenza.
Fu quello il
primo omaggio della mia fede.
In un istante
svanirono tutti i miei pregiudizi.
Ormai non solo
non dubitavo più, ma in un istante una forza segreta mi attirò invincibilmente
alla grotta.
Giunto a quella
roccia benedetta, mi mescolai tra la gente e insieme con essa manifestai la mia meraviglia e la
mia fede.
Quando i doveri
del mio impiego mi imponevano di lasciare Lourdes, e ciò accadeva di tanto in tanto, allora
mia sorella - la mia diletta sorella, che viveva in casa con me e che osservava
e giudicava i fatti della
grotta di Massabielle da un punto di vista completamente religioso - alla sera
dopo il mio ritorno a Lourdes mi riferiva accuratamente ciò che aveva visto e
ascoltato nel corso della giornata.
E così
raccoglievamo insieme tutte le nostre osservazioni.
Per non perdere
magari qualche minimo particolare, io annotavo i fatti in ordine cronologico, così
che, al termine della quindicesima apparizione dell'Immacolata, noi avevamo
ormai un considerevole tesoro di appunti, per la verità staccati tra loro, ma
autentici e sicuri, ai quali attribuivamo grande importanza.
Questi fatti,
benché accertati personalmente da noi, non ci offrivano, tuttavia, l'insieme
dei miracolosi avvenimenti di Massabielle.
Oltre alla
narrazione che avevo appreso nell'ufficio del commissario di polizia (di questo
si parlerà più avanti2),
fatta dalla giovane veggente, io non sapevo quasi nulla delle prime sei
apparizioni.
E poiché i miei
appunti erano incompleti, mi preoccupai di completarli al più presto.
Incontrai
qualche altra difficoltà.
Ma ben presto
una circostanza inattesa calmò le mie preoccupazioni e mi servì in modo
eccellente per portare a
compimento la mia intenzione.
Mi spiego: dopo
le estasi Bernardetta veniva spesso da mia sorella; ella era una piccola amica di
casa.
Avevo, perciò,
tutto il tempo per interrogarla sui fatti di Massabielle.
Noi chiedevamo a
Bernardetta tutte le spiegazioni possibili nel modo più preciso e dettagliato.
E quella cara
fanciulla rispondeva a tutto con quella naturale disinvoltura e semplicità che
erano sue personali
caratteristiche.
In questo modo,
tra migliaia di altre cose, raccolsi i particolari commoventi delle prime
apparizioni, che ella aveva
avuto, della Regina del cielo”.
La prima
apparizione (giovedì 11 febbraio 1858)
La prima
apparizione, di cui ho già parlato, ebbe luogo il giovedì grasso, 11 febbraio
1858, verso mezzogiorno e trenta circa.
Ma a questo
punto mi fermo, per ascoltare il racconto della veggente.
L'ho udito
dieci, cento volte, forse, dalla bocca della piccola estatica.
Ritengo di
poterlo riprodurre nella sua tenera e ingenua semplicità.
Cercherò,
quindi, di tradurre quasi parola per parola dal dialetto dei Pirenei, la sola
lingua che Bernardetta conosceva.
“Il giovedì
grasso faceva freddo e il tempo era tetro.
Ora di pranzo.
La mamma ci
disse che non aveva più legna in casa e che era preoccupata per questo.
Per far piacere
alla mamma, mia sorella Tonietta ed io ci offrimmo di andare a raccogliere rami
secchi sulla sponda del fiume.
La mamma ci
rispose di no, poiché il tempo non era troppo buono e potevamo correre il
rischio di cadere nel
Gave.
La nostra vicina
e amica insieme, Giovanna Abadie, che stava sorvegliando il fratellino e che aveva
una gran voglia di andare con noi, corse a casa sua e poco dopo tornò dicendoci
che aveva il permesso di accompagnarci.
Mia madre
continuava a non cedere alle nostre preghiere, ma vedendo che eravamo in tre,
ci permise di andare.
Da principio ci
avviammo lungo la strada che conduce al cimitero, presso il quale talvolta si
trovano pezzi di legna. Quel giorno non
trovammo nulla.
Scendemmo,
quindi, verso la riva che accompagna il corso del Gave e, mentre ci
avvicinavamo al Ponte Vecchio, ci domandammo se sarebbe stato necessario salire
verso l'alto o scendere in basso in riva al fiume.
Decidemmo di
dirigerci verso il basso e, prendendo la strada accanto al bosco, arrivammo a Merlasse.
Là entrammo nel
prato del signor de Lafitte, passando davanti al mulino del Lavy.
All'estremità
del prato, quasi di fronte alla grotta di Massabielle, ci arrestammo davanti al
canale del mulino,
presso il quale eravamo appena transitate.
Nel canale l'acqua non era profonda, poiché il mulino era fermo, però era fredda.
Nel canale l'acqua non era profonda, poiché il mulino era fermo, però era fredda.
Quanto a me,
avevo paura ad entrarvi.
Giovanna Abadie
e mia sorella, meno timorose di me, presero gli zoccoli in mano e
attraversarono il ruscello.
Non appena furono sull'altra riva, quelle birbone incominciarono a gridare per il freddo e si chinarono l'una sull'altra per riscaldarsi i piedi.
Non appena furono sull'altra riva, quelle birbone incominciarono a gridare per il freddo e si chinarono l'una sull'altra per riscaldarsi i piedi.
Tutto questo
accrebbe la mia paura e compresi che, se fossi entrata nell'acqua, l'asma mi
avrebbe afferrato
nuovamente.
Allora supplicai Giovanna Abadie, che era più grande e più forte di me, di venire per trasportarmi sulle sue spalle.
Allora supplicai Giovanna Abadie, che era più grande e più forte di me, di venire per trasportarmi sulle sue spalle.
“"Oh, no
davvero! - rispose Giovanna - mia cara rompiscatole! se non sei capace di
attraversare, rimani lì dove
sei".
“Quelle birbone,
dopo aver raccolto alcuni pezzi di legna sotto la grotta, si allontanarono
lungo la riva del
Gave.
Allorché rimasi
sola, gettai alcune pietre nel letto del ruscello, per attraversarlo camminando
su di esse. Ma
invano.
Perciò, dovetti
decidermi a levarmi gli zoccoli e a passare a guado il canale, come avevano
fatto Giovanna e mia
sorella.
“Mentre mi stavo
togliendo la prima calza, udìi improvvisamente un gran fragore, simile al
fragore di un temporale.
Guardai a
destra, a sinistra e poi sugli alberi vicini al fiume.
Nulla, però, si
muoveva; forse, pensai, ero stata vittima di un'illusione.
Terminai, perciò, di scalzarmi, allorché tutt'a un tratto si fece sentire un altro fragore, simile al primo.
Terminai, perciò, di scalzarmi, allorché tutt'a un tratto si fece sentire un altro fragore, simile al primo.
Allora fui presa
dallo spavento e mi voltai verso destra.
Volevo dire
qualcosa, ma da sola non riuscivo a cavar fuori le parole.
E non sapendo
che cosa pensare di quel fatto, girai lo sguardo verso la sponda del fiume che
si stende accanto
alla grotta.
Quando a un
tratto notai, in una delle aperture della roccia, un cespuglio che, lui solo
tra tutti, si agitava come se
fosse sotto la pressione di un vento gagliardo.
Quasi nello
stesso istante uscì dall'interno della grotta una nube colore oro; subito dopo
apparve, all'ingresso di
quell'apertura, al di sopra del cespuglio, una Signora giovane e bella,
soprattutto bella, come non ne avevo viste mai.
“Non appena ella
mi ebbe scorto, mi sorrise e mi fece segno di venire avanti, come se fosse stata
mia madre.
La paura era
scomparsa e non sapevo più dove mi trovassi.
Mi stropicciai
gli occhi, li socchiusi e li aprìi di nuovo; ma la Signora era sempre lì, che
mi sorrideva e mi faceva
capire che non mi stavo ingannando.
Non mi rendevo conto di quel che stessi facendo.
Presi dalla tasca la mia corona del rosario e caddi in ginocchio.
Non mi rendevo conto di quel che stessi facendo.
Presi dalla tasca la mia corona del rosario e caddi in ginocchio.
La Signora
approvò con un cenno del capo e prese lei pure tra le dita la corona che teneva
appesa al braccio
destro.
Stavo iniziando 3
la recita del rosario e volevo portare la mano al capo, quando il mio
braccio rimase quasi paralizzato.
Questo fatto durò
fino a che la Signora non ebbe fatto il segno della croce.
Feci anch'io la
stessa cosa.
La Signora mi
lasciò pregare da sola; Ella faceva scorrere i grani della corona tra le dita,
ma non diceva
nulla.
Solo al termine di ogni decina Ella recitava insieme con me: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto.
Solo al termine di ogni decina Ella recitava insieme con me: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto.
“Quando la
recita del rosario fu ormai completata, la Signora tornò all'interno della
roccia e la nube d'oro scomparve insieme con Lei”.
Accadeva
raramente che gli interlocutori non interrompessero la veggente per
interrogarla sui particolari del ritratto della misteriosa Signora.
Ed ecco ciò che
ella rispondeva:
“La Signora ha
l'aspetto di una ragazza di sedici o diciassette anni.
È vestita di un
abito bianco, con una fascia azzurra che Le cinge i fianchi e Le scende lungo
l'abito.
Sul capo porta
un velo, pure bianco, che lascia appena scorgere i Suoi capelli e che scende
dalle spalle fin
sotto l'abito.
I Suoi piedi
sono nudi, leggermente coperti dalle pieghe dell'abito: sull'uno e sull'altro
piede risplende una rosa gialla.
Sul braccio
destro tiene una corona del rosario con i grani bianchi, infilati su una
catenella d'oro risplendente
come le rose ai piedi”.
Così Bernardetta concludeva il suo racconto:
Così Bernardetta concludeva il suo racconto:
“Scomparsa la
Signora, Giovanna Abadie e mia sorella tornarono verso la grotta e mi trovarono inginocchiata
nello stesso posto nel quale mi avevano lasciata.
Si misero a deridermi, chiamandomi sciocchina e bigotta.
Inoltre, mi fecero capire che in un modo o in un altro dovevo andare di là insieme con loro.
Si misero a deridermi, chiamandomi sciocchina e bigotta.
Inoltre, mi fecero capire che in un modo o in un altro dovevo andare di là insieme con loro.
In quel momento
non ebbi più la minima esitazione ad attraversare il torrente e sentìi che
l'acqua era tiepida,
come fosse quella per lavare le stoviglie.
“"Non avevate poi un gran motivo di gridare - dico a Giovanna e a Maria asciugandomi i piedi - perché l'acqua del canale non è così fredda come vi era sembrata!"
“"Non avevate poi un gran motivo di gridare - dico a Giovanna e a Maria asciugandomi i piedi - perché l'acqua del canale non è così fredda come vi era sembrata!"
“Legammo in tre
fasci i rami e i pezzi di legna che le mie compagne avevano portato; subito
dopo ci arrampicammo
sul pendio di Massabielle e ci incamminammo nuovamente lungo il sentiero che fiancheggia
il bosco.
“"Sei davvero fortunata, Bernardetta, se trovi che l'acqua di questo torrente non sia fredda; a noi ha fatto un'impressione totalmente diversa".
“"Sei davvero fortunata, Bernardetta, se trovi che l'acqua di questo torrente non sia fredda; a noi ha fatto un'impressione totalmente diversa".
Mentre ci
dirigevamo in fretta verso la città, io chiesi a Giovanna e a Maria se non
avessero notato nulla nella
grotta.
“"Nulla"
- risposero - Ma perché ci fai questa domanda?".
“"Oh,
allora niente!", risposi loro con indifferenza.
“Nonostante
questo, però, prima di giungere a casa rivelai a mia sorella Maria le cose
straordinarie che mi erano capitate
a Massabielle.
La pregai solo di mantenere il silenzio. Nel corso di tutta quella giornata l'immagine della Signora rimase profondamente impressa nella mia memoria.
“La sera, mentre recitavamo le preghiere in famiglia, divenni triste e mi venne da piangere.
La pregai solo di mantenere il silenzio. Nel corso di tutta quella giornata l'immagine della Signora rimase profondamente impressa nella mia memoria.
“La sera, mentre recitavamo le preghiere in famiglia, divenni triste e mi venne da piangere.
“"Che cosa
ti succede?", mi chiese la mamma.
“Maria si
affrettò a rispondere a nome mio e io fui costretta a dare le spiegazioni
sull'avvenimento improvviso della giornata“.
"Sono comuni allucinazioni - rispose la mamma - Devi scacciar dalla testa questi pensieri al più presto possibile, e soprattutto non tornerai più alla grotta".
“Andammo a letto, ma io non riuscìi ad addormentarmi.
"Sono comuni allucinazioni - rispose la mamma - Devi scacciar dalla testa questi pensieri al più presto possibile, e soprattutto non tornerai più alla grotta".
“Andammo a letto, ma io non riuscìi ad addormentarmi.
La figura della
Signora, così buona e così affascinante, mi tornava incessantemente alla memoria.
“Mi ricordavo
quel che la mamma mi aveva detto; non ero capace di convincermi di essere stata ingannata”.
Bernardetta
raccontava queste cose con una semplicità così grande che coloro che
l'ascoltavano non potevano
fare a meno di affermare: “Questa fanciulla ha detto la verità”.
Nota 1316.1 Il presente
testo è la traduzione, fatta dal francese al polacco da p. Massimiliano, di
brani dell'opera di J.B. ESTRADE, Les
apparitions de Lourdes. Souvenirs intimes d'un tèmoin, Lourdes 1934. H
Nota 1316.2 Si veda SK 1137.
H
Nota 1316.3 Qui
p. Massimiliano traduce erroneamente: "Stavo terminando"
SK 1317 - Le
apparizioni di Lourdes
Niepokalanow,
5-20 VIII 1940
“Venendo avanti
lungo il canale... Si ritrasse nella sua nicchia e scomparve” (p. 28-30)1.
“Seguendo il
consiglio della signora Millet e della signorina Peyret... poi scosse
leggermente la testa” (p.
39-40)2.
Le parole umane
non sono in grado di parlarci di Lei in modo adeguato, poiché Ella è
immacolata, tutta bella,
mentre le nostre parole non sono immuni da imperfezioni; anzi non sono senza macchia
neppure le realtà create dalle quali viene tratto il loro significato.
Il linguaggio
umano deve solo aiutare l'anima ad avvicinarsi a Lei, perché sarà Lei stessa a
manifestarsi in modo sempre più chiaro all'anima, la quale, nella preghiera,
intrattenendosi frequentemente ed affettuosamente con Lei, La comprenderà in
modo sempre più perfetto, rimarrà affascinata dalla Sua divina immacolatezza e
si infiammerà di amore verso di Lei fino alla totale consumazione di se stessa.
Noi La chiamiamo
Madre, tuttavia una madre terrena non è immune da imperfezioni, per cui
le istituzioni
umane trattano pure dei diritti dei figli nei confronti dei genitori; questa
Madre, invece, è una Madre senza
macchia, immacolata, e qualsiasi riserva da parte del figlio sarebbe per Lei, e
giustamente, causa di un dispiacere e un torto indicibili, poiché
racchiuderebbe l'ipotesi che non è affatto
impossibile in Lei la presenza della più piccola ombra di macchia.
Anzi, il figlio
che si affida a Lei desidera che Ella si serva di lui e lo consumi, desidera
consumarsi per Lei.
Noi La chiamiamo
Signora, ma tale concetto allontana dal cuore materno.
Noi La
chiamiamo: Regina, ma anche qui è necessario aggiungere che Ella è
Regina dei cuori, Regina d'amore.
La Sua legge è
l'amore, la Sua forza è l'amore materno.
Questi e altri
simili chiarimenti, tuttavia, anche se di numero infinito, non dicono ancora
neppure in parte ciò che
un'anima, consumata dall'amore di Lei, sente.
Tale anima
sperimenta in se stessa che l'Immacolata le appartiene sempre di più sotto ogni
aspetto e si rende conto
che tale esperienza è solo l'inizio della conoscenza e dell'amore a Lei.
Direttamente al
Suo Cuore attingerai maggiore scienza riguardo a Lei e ti infiammerai
maggiormente di amore per Lei, più di quanto ti potrebbero insegnare tutte le
parole umane messe insieme.
La sera del 24
marzo3, mentre si trovava insieme con i familiari, Bernardetta informò i
genitori dell'ispirazione
interiore che aveva ricevuto e parlò, come di cosa certa, della felicità che il
giorno seguente
l'attendeva alla grotta.
Profondamente
presa da questo pensiero, andò a dormire, ma il sonno non riuscì a farle
chiudere le palpebre.
La notte le
parve lunga; le sue labbra sussurrarono molte "Ave Maria" del
rosario.
Non appena la prima
luce del giorno ebbe fatto capolino nella casa dei Soubirous, Bernardetta lasciò il letto,
si vestì sollecitamente e, senza badare all'asma che aveva ripreso a tormentare
il suo debole
organismo, con un passo veloce e snello si incamminò in direzione della grotta
di Massabielle.
Giuntavi, quale
sgomento la colse!
La nicchia era
già illuminata e la Signora l'attendeva!... "Ella era tranquilla - afferma
Bernardetta - sorridente e
aveva lo sguardo rivolto verso la folla, come una madre piena di tenerezza guarda
i propri
figli".
La veggente
aggiunse:
“Allorché mi
inginocchiai davanti alla Signora, La pregai di perdonarmi per il ritardo nel
giungere a Massabielle.
Sempre tanto buona verso di me, mi fece cenno con il capo che non mi dovevo
scusare affatto. Le manifestai allora tutti i miei sentimenti di amore, la mia
profonda venerazione e la felicità che mi era concessa di rivederla ancora.
“Mi trattenni a
parlare con Lei di tutto ciò che il mio cuore sentiva, quindi presi la corona
del rosario tra le mani. Mentre stavo immersa nella preghiera, mi venne alla
mente l'idea di chiedere alla Signora il suo nome.
Questo pensiero
mise in disparte tutti gli altri che affollavano la mia mente.
Temevo di essere
importuna nel ripetere una richiesta che era sempre rimasta senza risposta; qualcosa,
tuttavia, mi spingeva a parlare.
Finalmente,
prodotte da una specie di agitazione che non riuscivo a dominare, uscirono
delle parole dalle mie
labbra e supplicai la Signora di esser così buona da dirmi chi era.
“Allora, come
alle stesse domande rivoltele nelle precedenti occasioni, la Signora chinò il
capo, sorrise, ma non
rispose nulla.
Non sapevo il
perché, ma in quel momento mi sentivo più coraggiosa e tornai a chiederle la grazia
di rivelarmi il suo nome.
“La Signora
sorrise di nuovo, si inchinò verso di me con tanta amabilità, tuttavia non mi
rivolse alcuna parola
neppure questa volta.
“Rinnovai la
domanda per la terza volta, con le mani giunte e con la sincera convinzione di
non essere degna
della grazia che domandavo”.
Giunta a questo
punto del racconto, la giovinetta continua a parlare tutta presa dalla
commozione: “La Signora
stava in piedi al di sopra del cespuglio di rose selvatiche; si mostrava nello
stesso atteggiamento con il quale viene raffigurata nella medaglia miracolosa.
Alla mia terza
domanda Ella assunse un atteggiamento grave e profondamente umile...
Dopo di che
congiunse le mani e le sollevò all'altezza del petto... volse lo sguardo verso
il cielo...; quindi,
allargando lentamente le mani e chinandosi verso di me, mi disse con voce
tremante:
IO SONO
L'IMMACOLATA CONCEZIONE!”.
Pronunciando le
ultime parole, Bernardetta piegava il capo imitando il gesto della Signora
sovraterrena.
Il grande
mistero della grotta era finalmente svelato!
E in quale
giorno!...
Esattamente
nell'anniversario di quel giorno, tre volte benedetto, in cui l'arcangelo
Gabriele era venuto, per
incarico dell'Altissimo, ad annunciare l'imminente venuta nel mondo del
Redentore promesso e a
salutare Maria con le parole: "Piena di grazia", vale a dire
"Immacolata", la donna predestinata
che, secondo la promessa fatta ai nostri progenitori nel paradiso terrestre,
avrebbe schiacciato la
testa del serpente infernale.
Quale
coincidenza! E per noi quale gesto carico di speranza!
Nel pomeriggio
del 25 marzo (non ricordo le circostanze che avevano dato origine a quella
occasione), inaspettatamente Bernardetta fece visita a me e a mia sorella!
Se un angelo
fosse entrato in casa non ci avrebbe procurato una gioia più profonda e più
viva di quella che
sperimentammo alla vista della veggente.
Bernardetta era
un angelo vero, che spandeva attorno a sé il profumo di una rosa mistica.
Indubbiamente il lettore indovina i pensieri che ci tennero occupati in quei
momenti.
La nostra
conversazione con la giovinetta si svolse esclusivamente sull'argomento dei
fatti avvenuti alla grotta.
Dopo aver dato
il benvenuto4 alla nostra piccola amica, ci affrettammo ad interrogarla
sui dettagli più
circostanziati della mirabile visione di quel mattino.
Un'atmosfera di
felicità avvolse la persona di Bernardetta che senza indugio incominciò a
raccontare i fatti di cui eravamo già a conoscenza.
La nostra
veggente descrisse l'atteggiamento e i gesti della Vergine Immacolata con tale
accuratezza e con tale
commozione che avemmo l'impressione che la stessa visione celeste apparisse ai
nostri occhi. Verso il termine del racconto la giovinetta fu colta da una forte
emozione; trattenne per alcuni istanti la voce... poi... con le lacrime agli
occhi e un tremito nella voce, piena di fascino serafico, ci
ripeté la risposta dell'Immacolata, che non dimenticheremo mai più: “JE SUIS
L'IMMACULÉE CONCEPTION! IO SONO L'IMMACOLATA CONCEZIONE!”.
Descrivendo
questa scena non ho avuto l'intenzione di soffermarmi soltanto su un ricordo
che mi è caro, ho voluto in primo luogo presentare un'altra prova della
sincerità di Bernardetta.
La povera
fanciulla non riusciva a pronunciare in modo giusto il termine “conception”
(concezione), ma diceva: “concheption”. Inoltre, ella non conosceva il
significato di quelle parole dell'Immacolata: Io sono l'Immacolata Concezione.
Allorché
Bernardetta ebbe terminato il racconto, mia sorella corresse il termine
“conception”, che Bernardetta aveva storpiato.
La giovinetta
comprese; dopo di che si rivolse a mia sorella e chiese con semplicità e con un
certo imbarazzo: “Ma, signorina, che cosa significano queste parole: Io sono
l'Immacolata Concezione?”.
Dopo una simile
domanda, chi poteva dubitare della veracità di Bernardetta?
Si mentisce con
espressioni che si conoscono, non certo con espressioni il cui senso è
nascosto.
“Le dissi
allora... si sollevò verso la volta della grotta e scomparve” (p. 40)5.
“La Signora mi
disse... ed ecco apparve all'improvviso” (p. 67).
“La Signora mi
disse... compì secondo l'intenzione dei peccatori” (p. 71).
“Non so perché
sia entrata in me... sorrise e scomparve” (p. 99-100).
“Non sapevo che
cosa significassero quelle parole - scrisse in seguito al Pontefice Pio IX -
prima di allora; in
effetti non le avevo mai sentite” (p. 101).
“La madrina di
battesimo... agli occhi spuntarono perfino le lacrime” (p. 43).
“Quando
sorrideva, sembrava un angelo che stesse parlando a tu per tu con il Signore;
quel suo sorriso colmava il cuore di una profonda emozione” (p. 43 - Estrade).
“Vedendo in tal
modo sua figlia... subito verso la sua parte” (p. 44 - Estrade).
Il dottor
Dozous, medico di Lourdes: “Quando lasciai cadere la sua mano... prega per i
poveri peccatori” (p. 47-48).
“Quella Signora
- disse la fanciulla alla sua amica, Giovanna Védère - mi ripete continuamente che bisogna
pregare con fervore per la conversione dei peccatori” (p. 48).
“Senza badare a
noi... cose incredibili!... incomprensibili!... divine!...” (p. 61-63 -
Estrade).
Il conte de
Bruissard: “Ero a Cauterets, nel momento... Vivo continuamente con quel sorriso
della Ss. Vergine Maria” (p. 155-157).
Nota 1317.1 In nota p.
Massimiliano spiega: “Cudowny ywot Bernadety jasnowidzacej z Lourdes La
mirabile vita di Bernardetta, la veggente di Lourdes di Saverio Marchet, trad.
di Iza Platerowna, Ed. PP. Gesuiti, Cracovia 1935".
Nota 1317.2 Idem.
Nota 1317.3 Per i due lunghi
brani che seguono si veda SK 1316, nota 1 .
Nota 1317.4 Qui p.
Massimiliano traduce erroneamente: "Pure, restituendo la visita".
Nota 1317.5 Le citazioni che
seguono sono tratte dal volume citato alla nota 1, ad eccezione di quelle che
p. Massimiliano indica come provenienti dal volume di Estrade (SK 1316, nota
1).
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